La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
Ad oggi, siamo l’unico Stato al mondo, tra i paesi democratici e civili, in cui la titolarità di indagine di Polizia Giudiziaria, ovvero il capo, il dominus, l’attaccante, l’attore protagonista delle indagini non è la Polizia Giudiziaria e/o uomini del Potere Esecutivo, ma il Pubblico Ministero uomo del Potere Giudiziario.
Una stortura tutta italiana che non trova pari in altri ordinamenti!
Da che mondo è mondo, la sicurezza di un paese civile è prerogativa del Governo (Potere Esecutivo) e, tra i compiti deputati alla sicurezza, rientra appunto quello di svolgere attività di Polizia Giudiziaria quale estensione del potere repressivo dei crimini.
La Polizia, oltre a compiti generici di prevenzione, ha anche il compito di reprimere i reati e la repressione avviene attraverso articolate e complesse attività d’indagine.
Soltanto in Italia, a far data dal 1989 in poi, è stato consentito ai componenti del Potere Giudiziario (PM), attraverso norme artatamente costruite nel Codice di Procedura Penale, di assurgere a Titolari delle Indagini di Polizia Giudiziaria, così appropriandosi ingiustamente della gestione delle Forze dell’Ordine che, di fatto, sono poste alle loro dipendenze funzionali.
Una visione distorta delle competenze spettanti ai vari poteri, laddove il Potere Giudiziario (PM) rincorre i criminali, sostituendosi di fatto alla Polizia Giudiziaria, anziché limitarsi, come succede in tutti gli altri ordinamenti, a giudicare “le guardie ed i ladri” in modo da accertare se gli uni o gli altri hanno tenuto comportamenti contra legem.
Attualmente si verifica una condizione imbarazzante in cui il PM (appartenente al Potere Giudiziario) tradisce la separazione dei poteri ed anche la sua autonomia e la sua indipendenza, intromettendosi nelle indagini di Polizia Giudiziaria addirittura divenendo loro stessi i Capi delle indagini.
Attualmente il Potere Giudiziario svolge sia la funzione “giudicante” che quella “accusatoria” e mi viene da dire “tutto insieme appassionatamente!”. Quindi due facce della stessa medaglia che finiscono per comprimere e reprimere le funzioni delle Forze dell’Ordine!
Le Forze dell’Ordine, ognuna per quanto di specifica competenza, conoscono bene quali sono i propri compiti e/o funzioni e non hanno bisogno di perdere tempo nell’aspettare un terzo (con cui non si ha alcun rapporto se non sporadico e/o di circostanza) che gli dica “cosa”, “come” e “quando” farlo.
Un dispendio ingeneroso di uomini e mezzi, in una innaturale attesa di qualcuno (PM) che dica alla P.G. di fare ciò che già la P.G. avrebbe dovuto fare! Quindi abbiamo una “Ferrari” parcheggiata con le 4 frecce accese!
Le indagini, in sintesi, devono tornare ad essere prerogativa del Governo (Potere Esecutivo) e ciò può avvenire con una piccola modifica a maggioranza semplice del codice di procedura penale, ponendo il PM, finalmente, in una situazione di eguaglianza nei confronti dell’avvocato della difesa.
Montesquieu, a cui la nostra magistratura ed il nostro Stato si ispira, disse che non vi è:“….libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e dall’esecutivo. Se fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e la libertà dei cittadini sarebbe arbitrario: infatti il giudice sarebbe legislatore. Se fosse unito al potere esecutivo, il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore”.
Pertanto, alla luce di quanto accaduto nel 1989, la Libertà degli italiani è stata compromessa poiché si è consentito al Potere Giudiziario di scrivere il nuovo codice di procedura penale (da giudice a legislatore).
Volendo riprendere ancora una volta le parole del filosofo Montesquieu, c’è solo un modo per tornare ad essere un paese libero e civile e cioè che “il potere arresti il potere” ovvero “perché non si possa abusare del potere bisogna che, per la disposizione delle cose, il potere arresti il potere”.
Che il Futuro ci Sia Amico!
Aversa (CE), lì 04 Aprile 2024
Il Segretario Generale Nazionale
Antonio PORTO
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