Lettera Aperta
Įa società e quindi il Cittadino ha il diritto di sapere e dibattere sul perché nei confronti dei Poliziotti si adottano tempestivamente i provvedimenti penali, ossia l’iscrizione nel registro degli indagati – il cosiddetto “atto dovuto” – e gli stessi criteri non si attuano nei confronti dei Magistrati o nei confronti di Politici ed Entita Istituzionali allorquando, esercitando la loro professione, commettano dei probabili illeciti penali.
Possiamo, eventualmente, attribuire ciò alla irritante provocazione giuridica dell’uomo qualunque? Probabilmente sarà così, ma è la doppiezza concettuale a conquistare l’eccentricità fattuale – due pesi, due misure – dal momento che nella realtà tale concetto non appaga l’equità che lo “spirito della legge” prevede per ogni norma o provvedimento attuativo.
Pertanto l’appellativo che riteniamo più adeguato ed appropriato per questo doppio binario concettuale è … “discriminazione”!
Perché gli “Atti Dovuti” nei confronti dei Poliziotti? Non ci siamo mai chiesti perché il Dipartimento della Pubblica Sicurezza non reagisca … quando, invece, dovrebbe rivendicare la peculiarità ed univocità operativa dei suoi dipendenti – nonché operatori della e per la sicurezza nazionale – e dovrebbe farlo acclarando ciò a pieni polmoni!
Perché, de facto, si identifica in una parte del Potere Esecutivo? Se così fosse saremmo in classico caso di assoggettamento pedissequo ai diktat dell’arbitrium regis… ossia a come erano tenuti all’osservanza i servi nella Roma Antica!
La Polizia di Stato è parte rilevante della “Polizia Giudiziaria”.
Punto. Sebbene la sciagurata riforma del C.P.P. del 1989 – la c.d. Riforma Vassalli-Pisapia – abbia traslato il potere (…di fatto discrezionale!) della direzione delle indagini nelle mani e nelle menti del Pubblico Ministero, questo sublime pensiero, che abbiamo pocanzi cristallizzato, deve essere rispettato sempre e comunque – anche perché ne abbiamo ampi motivi e convincenti argomenti – per affermarlo.
Le motivazioni dell’automatismo “dell’atto dovuto” nei confronti dei Poliziotti, oltre che ad essere un grave errore della letteratura giuridica – dal momento che non è contenuto in nessuna precipua norma
– deve decadere da ogni forma mentis concettuale. Semmai l’iscrizione al registro degli indagati, deve avvenire dopo “ponderata ed equilibrata valutazione” e cioè la colta professionalità del P.M., posto a garanzia del cittadino. Altrimenti può essere interpretata quale atto punitivo e non certamente di garanzia!
Insomma, non bisogna trascurare gli effetti pregiudizievoli, sul piano «professionale e reputazionale», derivanti dall’iscrizione come indagato, «diversi dal danno connesso alla notizia dell’iscrizione indebitamente diffusa». Spesso l’iscrizione è «strumentalmente utilizzabile, dai denuncianti o da altri, per fini diversi rispetto all’accertamento processuale, specie in contesti di contrapposizione di carattere politico, economico, professionale, sindacale ecc.». (N.B. il virgolettato è tratto dalla circolare della procura di Roma nr.3225/17 a firma del Procuratore della Repubblica G.Pignatone).
Ma evidentemente altri sono gli elementi psicologici che inducono all’automatismo “dell’atto dovuto”, quali possono essere le ossessioni che dimorano nella persuasione – oramai consolidata – dell’immagine della polizia giudiziaria quale “accessorio” del magistrato e non il pensiero o l’acume professionale dell’attività investigativa, di cui moltissimi (anche all’interno del Dipartimento di Pubblica Sicurezza) ne ignorano anche il basilare concetto!
La suindicata Legge di riforma Vassalli-Pisapia, “forse inconsciamente”, viola i principi culturali del Popolo Italico, che sono lontani anni luce da quello cosiddetto Anglosassone! Infatti, tale letteratura giuridica che si è andata consolidando dall’entrata in vigore di tal legge, ha aperto una voragine sulle qualità tecniche investigative che solamente oggi riusciamo a comprenderne la portata. Le numerose presenze dei consulenti in luogo di scafati ed acuti investigatori di polizia giudiziaria è la constatazione che le nostre osservazioni sono razionali ed incontrovertibili.
L’attività investigativa è indubbiamente un lavoro di equipe ma l’evoluzione della materia d’indagine è da ricondursi nella forma mentis razionale ed esplorativa dell’ispettore investigativo, il quale, in particolare sul luogo del reato, esalta l’attività dell’“Investigatore Puro” e non quella dell’inquirente improvvisato.
A consolidamento di quanto da noi sopra affermato, in questi giorni abbiamo appreso che l’ex Ministro della Salute On. Speranza, innanzi al Tribunale dei Ministri ha confessato – fra le altre cose – che illo tempore era a conoscenza degli effetti gravissimi del cosiddetto “Vaccino” e che, nonostante ciò, non si è fatto alcun scrupolo nell’imporne la somministrazione a milioni di cittadini italiani. Ciò avrebbe scaturito la determinazione di diversi reati molto gravi ma, per tal segmento d’indagine, non è stato adottato alcun “atto dovuto” e, men che meno, l’iscrizione sul registro degli indagati…
Il Popolo Italico si chiede … perché per l’on. Speranza non è avvenuto alcunché di penalmente e, di rimando, politicamente rilevante nel mentre nei confronti dei Poliziotti, che hanno espletato il loro dovere opponendosi ad una minaccia gravissima, sono stati immediatamente aperti i libri degli indagati per ascrivergli a grandi caratteri i loro nomi e cognomi? Quali alibi concettuali avranno l’ardire di esibire i soloni della magistratura e della politica?!? Se non è discriminazione questa… cosa lo è?!?
È evidente che l’automatismo della iscrizione sul registro degli indagati nei confronti dei Poliziotti posto in essere dai magistrati è da ricercarsi quasi certamente ad un disagio investigativo dei medesimi, tuttora non evoluti a svolgere tali attività, in quanto privi di “discendenza genetica investigativa”.
Che il Futuro ci sia Amico!
Aversa (CE), lì 30 giugno 2025
La Segreteria Nazionale
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