Il 24 ottobre 1989 è entrato in vigore il Nuovo Codice di Procedura Penale che, ai più, sembrava una corretta traslazione sul suolo italico del sistema accusatorio anglosassone in luogo di quello “inquisitorio”. Questa modifica venne accolta come la panacea dei problemi procedurali che affliggevano il sistema giuridico penale.
Orbene tale modifica, oltre a non aver mantenuto la promessa iniziale, è stata la crepa che ha dato il via al lento ed inesorabile sgretolamento sistemico del servizio di Polizia.
Il traslare il focus dell’attività di Polizia Giudiziaria (intesa nelle sue accezioni di prevenzione e di repressione dell’attività criminale di ogni ordine e grado) dall’operatore di Polizia Giudiziaria a quello del Magistrato inquirente ha stravolto, in modo irreversibile, tutta l’architettura che sorreggeva il lavoro del poliziotto. E, di rimando, tutte le dinamiche organizzative e gestionali interne alla Polizia di Stato.
Si è passati, da un sistema che aveva nella “semeiotica operativa” la sua pietra miliare del nostro servizio al cittadino, alla burocratizzazione asettica di ogni nostra attività.
Per “semeiotica operativa” si intende il toccar con mano le problematiche criminali e trasmettere ai giovani colleghi poliziotti tali conoscenze cosicché, con le attribuzioni acquisite sul campo e non a seguito di concorsi farlocchi, si potesse dare il meglio per rendere un servizio di sicurezza alla cittadinanza che fosse degno di questo nome!
A testimonianza di ciò che è stato appena esposto abbiamo delle articolazioni che – Deo Gratias! – non sono state ancora stravolte e parliamo della Squadra Volante e della Squadra Mobile, le quali appartenevano ad un unico ufficio capitanato da un unico ufficiale/funzionario. Vi era, di fatto, una osmosi funzionale del personale ovvero chi si distingueva nell’attività di
Controllo del Territorio, in seno alla Squadra Volante, veniva cooptato a far parte della Squadra Mobile, cosicché da poter mettere a frutto l’acume operativo, precedentemente acquisito, nello svolgimento di indagini più complesse che gli venivano affidate.
Oggi, invece, nella maggior parte delle volte abbiamo dirigenti della Squadra Mobile che vogliono personale senza alcun retroterra di rilievo, poiché preferiscono “libri bianchi” su cui scrivere sopra.
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Ciò perché la dipendenza funzionale e, di fatto, concettuale con il magistrato/investigatore ha raggiunto livelli di puro e semplice asservimento ai diktat di quest’ultimo.
Si è venuto pertanto a creare un vulnus investigativo che ha prodotto una unidirezionalità concettuale delle indagini.
Per far ciò, un conto è demandare il tutto ad un unico dominus (il magistrato inquirente) un altro conto è affidarsi al poliziotto investigatore che – non dimentichiamolo – non lavora in solitudine, bensì con un lavoro di squadra (di qui Squadra Mobile) composto da diverse menti pensanti. Ed è proprio in questa molteplicità cognitiva, analizzatrice e, infine,
valutativa che si intaglia la certezza che si possa addivenire ad un processo equilibrato e giusto nell’attribuzioni delle responsabilità penali. Infatti, prima dell’entrata in vigore del Codice di Procedura Penale del 1989, il lavoro investigativo eseguito al fine di approdare al dibattimento era accuratamente vagliato dal Pubblico Ministero attuando così una sinergia
concettuale fra chi operava (il poliziotto investigatore) e chi amministrava l’azione penale (il pubblico ministero). Che le attribuzioni “filologiche” del pubblico ministero ante riforma del 1989 andassero sceverate da incrostazioni dal forte eco delle codificazioni napoleoniche ottocentesche, era indubbio ma parafrasando un vecchio proverbio “si è buttato l’acqua
sporca con tutto il bambino”, ossia il poliziotto investigatore.
Figura quest’ultima che, non dimentichiamolo, venne ben delineata con la Legge 121/81 di riforma della Pubblica Sicurezza in cui nasceva l’attuale Polizia di Stato con le donne arruolabili, i sindacati di categoria e la figura dell’Ispettore, che si andava a stagliare e vivere di luce propria nella costellazione dell’attività di Polizia. Poi venne quel fatidico 24 ottobre 1989 e per tali “stelle” iniziò il loro volgere nel “buco nero” del magistrato investigatore.
La summa declaratio dell’asservimento del ruolo della Polizia Giudiziaria al volere, sovente univoco, del magistrato investigatore lo abbiamo potuto riscontrare, con nitidezza, nel periodo ultimo della supponente pandemia.
Sono state poste in essere le più gravi privazioni di libertà personali che la storia dell’uomo ricordi! Privazioni tutte basate su sillogismi epidemiologici il cui costrutto era quanto di più fallace si potesse immaginare e, come se non bastasse, con applicazioni a macchia di leopardo nel tessuto sociale italiano senza che un benché minimo magistrato investigatore avanzasse il più miserrimo dei dubbi. Chissà se tale facoltà di analisi e valutazione fosse stata lasciata in mano a persone precipuamente preparate, a chi del dubbio pragmatico ne fa una questione di vita o morte, forse non si sarebbe arrivati alle aberrazioni cui abbiamo assistito e patito in prima persona!
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E pur quando qualcuno, con ancora vivo l’animus agendi del poliziotto investigatore, ha provato ad insinuare un oggettivo dubbio su taluni aspetti durante il corso dei pilotati eventi o è stato rimosso dall’incarico (promoveàtur ut amoveàtur) o addirittura destituito definitivamente dalla funzione.
In estrema sintesi l’appiattimento – anzi, sarebbe meglio dire: l’annullamento – della figura del poliziotto investigatore sulle mire egocentriche del magistrato poliziotto determina uno scollamento esiziale fra il servizio alla sicurezza e alla giustizia ed il sentore che percepisce il cittadino comune. Che – non dimentichiamolo – affida al sistema Sicurezza & Giustizia le sue umane richieste di rispetto della civile convivenza.
In conclusione solo una strutturazione giusta e coerente, con le corrette attribuzioni funzionali fra magistratura e forze di Polizia, può determinare quell’essenziale equilibrio di Giustizia che il nostro vivere in comunità ha il sacrosanto diritto ad avere.
Ed il passo da compiere è ridare luce a tante stelle offuscate…
Aversa (CE), lì 17 dicembre 2023
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