All’Ufficio Relazioni Sindacali
del Dipartimento della Pubblica Sicurezza
c/o il Ministero dell’Interno
alla c.a. del Vice Pref.to
Dott.ssa Maria DE BARTOLOMEIS
dipps001.1000@pecps.interno.it
Egr. Direttore,
in data 23 Settembre 2025, questa Organizzazione Sindacale ha ricevuto la nota protocollata con il numero 0019780, nella quale si legge testualmente:
“…con specifico riguardo alla detrazione dall’anzianità di servizio complessiva dei giorni di assenza per effetto della sospensione, si tratta di conseguenza obbligata, visto che tutti i periodi di assenza ingiustificata dal servizio vanno detratti, essendo mancata, per causa imputabile al lavoratore, la prestazione lavorativa.”
Un’affermazione che suscita non mero stupore, bensì un profondo sgomento, giacché, oltre a evocare un atteggiamento pilatesco – volto ad eludere responsabilità con sofismi apparentemente neutri – assume contorni grotteschi e paradossali, per le ragioni che andremo ad elucidare con meticolosa arguzia.
Preliminarmente, si rammenti che i poliziotti sottoposti a sospensione non sono servi né sudditi di un capriccioso “Marchese del Grillo”, bensì uomini e donne che hanno profuso ogni energia al servizio dello Stato e solo per non vedersi calpestare diritti inalienabili si ritrovano l’Amministrazione di appartenenza che – pur proclamando i fasti della legalità – perpetra, de facto, un’ingiustizia flagrante.
Definire “assenze ingiustificate” sospensioni imposte con l’imperio della legge è una vergogna intellettuale che non rimarrà inascoltata né impunita.
Ma procediamo con ordine e rigore analitico:
L’istituto della sospensione dal servizio per inadempienza all’obbligo vaccinale anti-COVID19 trova origine nel D.L. n. 44/2021 (convertito nella Legge n. 76/2021) e nel D.L. n. 172/2021 e ss.mm.ii., che imponevano l’obbligo vaccinale per il personale delle Forze di Polizia, prevedendo la sanzione della sospensione dal servizio – priva, per di più, di qualsivoglia retribuzione – in caso di mancata ottemperanza.
E null’altro!
Tale misura, qualificata come “sospensione obbligatoria” ex lege, si proponeva di bilanciare interessi pubblici sanitari con i diritti individuali, ma è stata oggetto di reiterati interventi giurisprudenziali che ne hanno progressivamente eroso la legittimità, minandone le fondamenta stesse.
Il provvedimento in esame, emanato il 23 settembre 2025, respinge la diffida avanzata dall’Organizzazione Sindacale “OSA Polizia” e omette di disporre l’annullamento in autotutela delle sospensioni, richiamando sentenze del TAR Lazio (n. 6469/2025 e n. 6470/2025), TAR Umbria (n. 323/2025 e n. 471/2025), TAR Veneto (n. 2148/2024, in via incidentale), e TAR Marche (n. 297/2025 del 26 aprile 2025).
Queste pronunce, in armonia con il dictum della Corte Costituzionale (Sentenza nr.86/2023 e nr.203/2023), affermano tuttavia l’illegittimità della sospensione per difetto di proporzionalità, violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e del diritto al lavoro (art. 4 Cost.), nonché per contrasto con il diritto dell’Unione Europea (Reg. UE 2021/953 sul Green Pass).
Ciononostante, si è proceduto con indomita celerità alla formulazione contestata – posta in coda al provvedimento come un corollario ineluttabile – qualificando la detrazione dall’anzianità di servizio come “conseguenza obbligata” di un’assenza ingiustificata, imputabile al lavoratore.
Tuttavia, tale affermazione esige un esame critico, alla luce del mutato panorama giurisprudenziale.
La frase in questione postula un nesso causale tra:
(a) la sospensione dal servizio;
(b) l’assenza qualificata come “ingiustificata”;
(c) l’imputabilità al lavoratore della mancata prestazione lavorativa;
(d) la detrazione dall’anzianità di servizio complessiva (c.d. “servizio effettivo”, ai sensi dell’art. 13 D.P.R. n. 3/1957 per il personale di Polizia, e analoghe norme per il pubblico impiego).
Sotto il profilo letterale, tale enunciazione riecheggia principi generali del diritto e del lavoro pubblico: l’anzianità di servizio – cruciale per progressioni di carriera, trattamenti pensionistici e indennità – si computa esclusivamente per periodi di “servizio effettivo” (art. 22 del D. Lgs. n. 165/2001), escludendo assenze non giustificate o imputabili al dipendente (cfr. art. 19 del D.P.R. n. 3/1957).
La dottrina (si veda, ad esempio, M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, 2024, p. 567) enfatizza che tale detrazione opera ex lege, fungendo da sanzione accessoria, per salvaguardare l’efficienza amministrativa.
Tuttavia, la qualificazione dell’assenza come “ingiustificata” e “imputabile al lavoratore” presuppone una valutazione di merito: non ogni assenza è detraibile, ma solo quelle ascrivibili a colpa o dolo del dipendente (Cons. Stato, sez. IV, n. 1203/2024).
Nel caso di specie, la sospensione vaccinale non scaturisce da una scelta arbitraria del lavoratore, bensì da un obbligo normativo contestato per illegittimità, come attestato dalle pronunce TAR summenzionate.
Contrariamente alla formulazione contestata, si argomenta con persuasiva logica che la detrazione dell’anzianità non sia “obbligata”, bensì addirittura illegittima, per i seguenti motivi, esposti con astuta concatenazione:
Le sentenze richiamate (ad esempio, TAR Marche n. 297/2025) dichiarano l’illegittimità ab origine dell’obbligo vaccinale per il personale di Polizia, in quanto sproporzionato rispetto al fine sanitario (art. 32 Cost.) e violativo del consenso informato (Convenzione di Oviedo, ratificata con Legge n. 145/2001).
Ne consegue che la sospensione non configura un “provvedimento legittimo” (art. 21-nonies della Legge n. 241/1990) ma un atto viziato, annullabile in autotutela. Di qui, l’assenza non è “ingiustificata”, ma coatta da un provvedimento illegittimo, imputabile all’Amministrazione (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 8/2023: “Gli effetti dell’annullamento retroagiscono, sanando ex tunc le posizioni giuridiche lese”).
La frase imputa al dipendente la “mancata prestazione lavorativa”. Tuttavia, la giurisprudenza costituzionale (C. Cost. n. 203/2023) chiarisce che il rifiuto vaccinale, in assenza di base scientifica proporzionata, non configura colpa, ma esercizio di diritti fondamentali (artt. 2, 3, 32 Cost.).
Analogamente, nel pubblico impiego, l’assenza per sospensione illegittima non è detraibile dall’anzianità, pena violazione del principio di irretroattività delle sanzioni (art. 25 Cost.; si veda Cass. Lav., n. 14567/2024). La dottrina (G. Della Cananea, Principi di Diritto Amministrativo, 2025, p. 312) qualifica tali periodi come “assenze forzate”, equiparabili a congedi obbligatori, con pieno riconoscimento dell’anzianità (art. 22-bis del D.Lgs. n. 165/2001).
Detrarre l’anzianità equivarrebbe a una sanzione duplice (sospensione più perdita di anzianità di servizio), sproporzionata rispetto all’interesse pubblico sanitario, ormai estinto nel post-pandemia (Decreto-Legge n. 24/2022). Il Consiglio di Stato (sez. III, n. 6606 del 28 marzo 2024) ha annullato detrazioni analoghe per vaccini obbligatori, affermando che “l’Amministrazione non può trarre vantaggio da propri errori normativi”.
L’art. 21-quinquies della L. n. 241/1990 impone che l’annullamento rimuova tutti gli effetti lesivi, inclusa la ricostituzione dell’anzianità. Le sentenze TAR citate (ad esempio, TAR Lazio n. 6469/2025) ordinano espressamente il “ristoro integrale” dei periodi sospensivi, con accredito pensionistico e di carriera, escludendo detrazioni.
In sintesi, la formulazione contestata – pur astrattamente coerente in un quadro normativo obsoleto – collide con l’evoluzione giurisprudenziale, che ribalta l’imputabilità dal dipendente all’Amministrazione.
Alla luce del ragionamento esposto, si conclude con inconfutabile perspicacia che la detrazione dell’anzianità di servizio non è obbligata, bensì illegittima e, pertanto, da non comminare.
Il provvedimento ministeriale, nell’accogliere l’annullamento, DEVE estendersi alla piena ricostituzione della posizione giuridico-economica del personale, accreditando i periodi sospensivi come “servizio effettivo” (ex art. 13 del D.P.R. n. 3/1957).
Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, perseverando in un’interpretazione ostinata e arrogante, non solo calpesta i diritti fondamentali dei poliziotti sospesi, ma si espone a una responsabilità gravissima: il danno erariale diretto e certo.
Ogni giorno di anzianità negata, ogni contributo previdenziale sottratto, ogni progressione di carriera ostacolata costituisce una ferita inferta non ai singoli soltanto, ma all’intero ordinamento statale.
Si tratta di un’ingiustizia palese, resa ancor più intollerabile dall’evidenza giurisprudenziale che ha già sancito l’illegittimità di quelle sospensioni.
Persistendo in tale condotta, l’Amministrazione non solo tradisce i principi costituzionali di eguaglianza, legalità e buon andamento (artt. 3, 97 Cost.), ma si rende autrice di un’azione tragicomica, riecheggiante il “Marchese del Grillo” nel suo proclama: “Perché io so io e voi non siete un c**o”.
Infatti, questo Dipartimento prima impone una sospensione illegittima, poi priva i dipendenti di anzianità e opportunità di carriera in assenza di espressa previsione legislativa.
Non si tratta più di un mero errore tecnico, bensì di una scelta consapevole, arbitraria e punitiva, degna di un potere napoleonico o papalino – come quello in cui si muoveva spavaldamente il “Marchese del Grillo” – e non di un’Amministrazione dello Stato nell’era della Costituzione Repubblicana.
Tale atteggiamento, oltre a incrinare irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il personale, genererà inevitabilmente un contenzioso massivo, con condanne milionarie a carico dell’Erario.
Il vero danno economico allo Stato non deriva dalle legittime rivendicazioni dei poliziotti, ma dall’ostinazione caparbia e presuntuosa del Dipartimento, priva di qualsivoglia legittimità.
Pertanto, questa Organizzazione Sindacale persevera nel diffidare l’Amministrazione da tale deleterio atteggiamento, finché non provvederà alla rimozione immediata di ogni riferimento ad “assenze ingiustificate” e procederà, senza indugio, alla piena ricostituzione dell’anzianità di servizio e dei relativi diritti economico-previdenziali per i colleghi oltraggiati da siffatto comportamento dipartimentale.
Ciò, si rimarca, per scongiurare ulteriori responsabilità di codesta Amministrazione – non più meramente giuridiche, ma anche erariali e morali – che questa Organizzazione Sindacale non esiterà a perseguire in ogni sede competente.
Che il Futuro ci sia Amico!
Aversa (CE), lì 30 settembre 2025
Il Segretario Generale Nazionale
Antonio PORTO
Contattaci su Whatsapp